La moda etica e l’appropriazione culturale: qual è la storia dietro i miei vestiti?


Come membri della comunità della moda consapevole, non possiamo esimerci dal porci alcune domande imprescindibili dal concetto di moda etica e sostenibile.

Se stiamo davvero cercando di essere ‘consumatori consapevoli’, dobbiamo iniziare a considerare che le etichette sui nostri vestiti non siano sufficienti per garantirci una filiera etica. È davvero importante se il ‘kimono’ di un marchio è stato realizzato con materiali sostenibili se poi lo stesso brand sta chiaramente abusando del nome di un capo di abbigliamento di una cultura che non gli appartiene? Oltre a chiederci 'Chi ha fatto i miei vestiti?' dovremmo domandarci 'Qual è la storia dietro i miei vestiti?' e ‘Quali tipi di vestiti sono adatti per il mio corpo alla luce di un contesto storico e socioculturale?’. Potrebbero sembrare concetti troppo impegnativi mentre fai ricerca per i tuoi acquisti online, ma è un compito che, come consumatori consapevoli, dobbiamo assumerci se vogliamo davvero vestire i valori in cui crediamo.

L'appropriazione culturale può essere definita come qualsiasi processo attraverso il quale gli elementi di una data cultura minoritaria, come simboli, artefatti, generi, rituali o tecnologie, vengono utilizzati da membri di una cultura diversa al di fuori del contesto culturale originale. Coinvolge molti settori e si manifesta come l'atto di "rubare" storie e valori dalle culture e dall'eredità delle persone, lasciando i detentori depredati completamente e al di fuori dalla vicenda. Questo fenomeno si riferisce principalmente allo sfruttamento delle culture emarginate da parte di culture più dominanti e tradizionali. Nell'industria della moda, l'appropriazione culturale è diventata gradualmente uno degli argomenti più controversi, diventando una vera lotta tra razzismo e l'inclusività. 

In questa dinamica, la cultura dominante prende elementi delle culture non dominanti, li decontestualizza e li oggettifica per trasformarli in altro. Quando questi elementi sono simboli religiosi o segni distintivi, possono essere vissuti come un sacrilegio dalla cultura non dominante che li ritrova come puro segno grafico, spogliati del loro valore culturale

A un certo punto della crescita dell'industria della moda globale, attingere e prendere in prestito valori dalle culture minoritarie per l'ispirazione della moda era più comune e meno contestato. La situazione oggi però è molto diversa perché troppo spesso anche famosi brand di moda, marchi e designer sembrano essere pubblicamente rimproverati per i loro passi falsi riguardo all'appropriazione culturale. Il motivo del contraccolpo che questi marchi devono affrontare è semplice: troppi di loro continuano ad attingere da altre culture per il proprio profitto e guadagno, mentre non restituiscono quasi nulla alle comunità da cui hanno "preso" ispirazione. Inoltre, nonostante l'approccio vigile all'appropriazione culturale all'interno dell'industria della moda, i casi di questo fenomeno rimangono troppo numerosi per essere contati. 

La velocità con la quale le nuove tendenze passano dall'alta moda al fast fashion, induce i designer ad abbracciare una visione multiculturale ricorrendo all'esplorazione di una gamma sempre più diversificata di influenze culturali al fine di trovare un flusso di stili freschi e nuovi. Dai primi anni'90 i designer hanno sviluppato un appetito per tutto ciò che è tradizionale, etnico o folcloristico, incorporando modelli e motivi delle culture indigene nelle loro creazioni. Oggi, il fascino dei design tradizionali è più forte che mai. Le pagine delle riviste di moda sono inondate di abbigliamento e accessori con un tocco tipicamente ‘etnico’. 

Sfortunatamente, i designer a volte prendono le espressioni culturali tradizionali e le riutilizzano fuori contesto in modi che ignorano o interpretano male il loro significato culturale e quindi causano gravi danni ai detentori di queste espressioni. Anche dove il danno non è intenzionale, può avere conseguenze culturali, sociali ed economiche drastiche. Questo accade perché molti vestiti tradizionali non sono semplicemente funzionali o ornamentali ma sono intrisi di significato e fanno parte dell'identità delle comunità indigene che lo utilizzano; copiare i progetti senza tener conto del loro significato tradizionale può erodere l'identità di un'intera comunità. 

Inoltre, questo fenomeno si verifica spesso nei paesi che hanno subito gli effetti della colonizzazione e ciò contribuisce ad ampliare le divisioni esistenti e a perpetuare modelli di espropriazione e oppressione storica. Va considerato che per molte popolazioni indigene e comunità locali, realizzare abiti tradizionali è una fonte di reddito; in quanto tale, l'appropriazione culturale può sferrare un colpo economico significativo, minando la capacità delle comunità di guadagnarsi da vivere sostituendo la vendita di prodotti autentici. 

Per aumentare la complessità, l'appropriazione culturale non è universalmente definita dalla legge e si esprime in una zona grigia dove l'ispirazione ammissibile scivola in un'appropriazione dannosa. Mettere fine all'annosa questione richiede quindi da una parte un’attività di sensibilizzazione verso gli stilisti e il pubblico in generale per demistificare il concetto e metterli in guardia sui danni che l'appropriazione culturale può causare. Dall’altra, un esame approfondito di come il diritto della proprietà intellettuale possa essere migliorato per rispondere meglio alle esigenze dei detentori delle espressioni culturali tradizionali in termini di come la loro cultura è rappresentata dalla moda. 

Considerato l'attuale quadro giuridico, gli stilisti possono interagire con altre culture senza cadere nella trappola dell'appropriazione culturale seguendo quattro principi:    

1.Comprensione e rispetto per i detentori delle espressioni culturali tradizionali.   

2.Rispettosa trasformazione e reinterpretazione delle medesime.

3.Conoscenza e riconoscimento dei detentori di tali espressioni.

4.Coinvolgimento dei detentori di espressioni tradizionali attraverso richieste di autorizzazione e partnership collaborative. 

Numerosi sono gli esempi di designer che hanno operato in questa direzione. La collezione Cruise 2020 presentata dalla casa di alta moda francese di Christian Dior a Marrakesh nell'aprile 2019, è un riflesso della crescente consapevolezza nei circoli della moda dell'importanza di rispettare le diverse culture del mondo, ma dimostra anche come la complessità che circonda il tema fa sì che il cambiamento avvenga molto gradualmente. La collezione ha onorato la creatività e l'abilità dei creatori africani di tessuti con stampa a cera realizzati da Uniwax, un'azienda con sede ad Abidjan, in Costa d'Avorio, uno dei pochi produttori di tessuti che utilizza ancora metodi tradizionali. La storia del tessuto wax è di per sé un viaggio tra i popoli: mentre è oggi associato ed è emblematico dell'Africa, le sue origini si trovano nel batik indonesiano portato in Africa molti secoli fa dai mercanti olandesi. La designer Dior Maria Grazia Chiuri ha dichiarato alla stampa che la collezione 'proponeva un dialogo tra il guardaroba Dior e la moda africana' ed era il suo modo di sostenere attivamente la moda africana e la tradizione del tessuto wax, minacciata dalle copie economiche prodotte digitalmente.  

Va detto che non tutte le forme di prestito culturale sono indesiderabili. Nelle società multiculturali è importante salvaguardare il principio della libertà di espressione e non ostacolare scambi e interazioni culturali innocui. Pertanto, frenare l'appropriazione culturale nella moda non equivale a una restrizione totale e senza sfumature su tutti gli usi delle espressioni culturali tradizionali. Una diversità di influenze culturali è ciò che fa evolvere e prosperare la moda, e un'interpretazione rispettosa delle culture del mondo può consentire a tutte le culture di arricchirsi reciprocamente e di portare vantaggi genuini alla società.