La sostenibilità e l'economia circoalre contrapposte al vecchio modello di economia lineare, in risposta alle nuove esigenze dei consumatori sempre più attenti alla salvaguardia delle risorse naturali, hanno dato un forte impulso ad una nuova tendenza: l’Upcycling. È ormai assodato che l'upcycling sia una delle risposte importanti che la moda possa dare alla necessità di scegliere la via della sostenibilità; il recupero creativo di materiali di qualsiasi tipo, di tessuti o di capi provenienti da rimanenze e stock può diventare punto di partenza per nuovi capi e nuove creazioni.
Ma la pratica dell’upcyclicing è più che un semplice gesto creativo; è un vero e proprio gesto rivoluzionario della moda. Attraverso la reinterpretazione dei capi, si scompone il significato simbolico dei capi stessi. In un’interessante osservazione del filosofo, sociologo e psicologo Umberto Galimberti, si ripercorre la storia del vestito da uniforme a simbolo "per cui ogni variazione delle vesti del corpo rinvia a una variazione del mondo”. L’abito passa da una funzione protettiva ad assumere una valenza simbolica legata alle gerarchie sociali, alle caste di appartenenza, alla celebrazione di ruoli. Così la casta militare veste abiti rigidi, a simboleggiare rigore e disciplina; l’abito religioso, per rappresentare la tradizione, resta “invariato” per incarnare l’eternità e la continuità. Il “giovane” invece veste tutto per esprimere la propria libertà. Tra le barriere infrante dal vestire giovanile è senza dubbio la differenza tra l’abito maschile e quello femminile. L’abbigliamento femminile infatti ha assorbito quasi tutto il guardaroba maschile, mentre quello maschile respinge certi capi femminili per via di una resistenza sociale ad una femminilizzazione dell’uomo.
Attraverso la pratica dell’upcycling rompiamo i diktat della moda, stravolgiamo il significato semantico dei capi, ci liberiamo dalle imposizioni degli stilisti. La moda è una Dea creatrice come la definisce Galimberti, capace con la sua onnipotenza di creare un senso di potenza illimitata in chi la segue “la moda conferisce al nulla un potere semantico che si irradia a distanza, fino a significare tutto, fino a trasformare il fuori-senso in senso, il fuori-moda in moda”.
“Moltiplicando le persone in un solo essere, la moda dà un saggio della sua onnipotenza, recupera il tema ancestrale della maschera, attributo essenziale degli dèi, e la offre agli uomini”. Così la moda gioca con uno degli aspetti cruciali del nostro esistere, il tema dell’identità: “Chi sono?” E a questa domanda risponde con un’infinità di segni fra cui scegliere il divertimento di un giorno. Come sempre accade, si gioca a quello che non si osa essere.
Ma oggi è tutto cambiato. Oggi questi schemi hanno ceduto sotto la forza che ha investito la nuova moda, la moda del cambiamento, la moda fatta da chi ha deciso di togliere la maschera alla moda che indossa.
La forza dell’upcycling è proprio questa. La manifestazione del proprio stile, la comunicazione del proprio io, dei propri valori con la volontà di opporsi ai decreti della moda e alla sua tirannia. La moda tenderebbe a rifiutare dogmaticamente la moda precedente, rinnegando il proprio passato e affermando il diritto assoluto del presente.
“Giocando sui limiti della memoria umana, la moda confonde il ricordo delle mode passate con l’orgia delle creazioni continue, che danno un senso di rigoglio incontenibile, di vitalità eterna ….. La moda, infatti, ha il compito di pareggiare il nostro bisogno di beni con il bisogno dei beni di essere consumati.” Ma è proprio quest’ebrezza della coscienza consumistica che oggi vogliamo risvegliare!
Con la pratica dell’upcycling rispondiamo quindi a quello che il saggio Galimberti definisce, relativamente alla moda: “I suoi inviti sono esplicite richieste a rinunciare ai vestiti e agli oggetti che già possediamo, e che magari ancora svolgono un buon servizio, perché altri nel frattempo ne sono sopraggiunti, altri che non si può non avere”.
Grazie Maestro, per averci offerto questo spunto di riflessione!