Bangladesh, Accordo prorogato di tre mesi.


Il Bangladesh on Fire and Building Safety Accord è stato prorogato di altri tre mesi.

L'accordo doveva scadere a maggio, quando sarebbe stato sostituito da un nuovo organismo, sostenuto dal governo del Bangladesh, chiamato Readymade Sustainability Council (RSC). Ma i sindacati e le ONG hanno avvertito che RSC non è pronta a subentrare, citando la preoccupazione che non implementerà gli stessi obblighi legalmente vincolanti per i singoli marchi che erano presenti nell'accordo del Bangladesh.

UNI Global Union, IndustriALL Global Union e un comitato negoziale che rappresenta gli oltre 200 leader firmatari della moda hanno annunciato di aver concordato un'estensione di tre mesi degli impegni dell'Accordo di transizione del 2018 per consentire il proseguimento dei negoziati. Christy Hoffman, segretario generale dell'UNI, ha dichiarato in un comunicato: “Accogliamo con favore questa estensione, che ci consentirà più tempo per negoziare un accordo successivo all'Accordo attuale. Dobbiamo mettere in atto i meccanismi per garantire il successo e la credibilità dell'RSC, nonché un luogo di lavoro sicuro per milioni di lavoratori".

La proroga dell’accordo è stata sottoscritta da 56 marchi, tra cui H&M, Inditex, proprietario di Zara, Adidas, Puma, Uniqlo, Otto Group, Bestseller, KIK e Tchibo. Ma restano i timori per la protezione a lungo termine dei lavoratori del Bangladesh. UNI Global Union e IndustriALL Global Union, i firmatari sindacali dell'Accordo del Bangladesh, affermano che i marchi multinazionali vogliono tornare all'autocontrollo delle proprie catene di approvvigionamento, potenzialmente danneggiando la trasparenza e la responsabilità e con conseguenze potenzialmente disastrose per la vita di milioni di lavoratori dell'abbigliamento.

"I singoli marchi devono essere ritenuti responsabili, non può essere un'associazione ritenuta responsabile", ha detto a DW, aggiungendo che l'autocontrollo potrebbe potenzialmente portare a fabbriche mal gestite, come si è visto sia in passato che nel presente. Lo stesso giorno della scadenza dell'accordo del Bangladesh, è scoppiato un grave incendio in una fabbrica di abbigliamento a Karachi, in Pakistan.

L’Accordo firmato nel 2013 ha fornito meccanismi in base ai quali i lavoratori delle fabbriche possono presentare reclami, essere formati per individuare violazioni della salute e della sicurezza e partecipare a comitati consultivi. Il successo dell'Accordo del Bangladesh si basa su una struttura di governance in cui i sindacati hanno pari potere con i marchi, supportati da un organismo indipendente con obblighi di trasparenza.

La pandemia purtroppo ha ritardato i negoziati, e alcuni marchi hanno improvvisamente fatto marcia indietro, proponendo una versione dell’Accordo decisamente indebolita oltre a dichiarare di non voler estendere l’Accordo ad altri paesi.  Fortunatamente, altri marchi firmatari dell’Accordo stanno invece comunicando con i sindacati o pubblicando dichiarazioni che indicano che sosterranno un nuovo Accordo con gli elementi cruciali proposti dai sindacati. Fra questi marchi vi sono Asos, Tchibo, Zeeman, KiK e G-Star.

Nei prossimi tre mesi vedremo se anche gli altri firmatari dell’accordo intendono tornare alle pratiche pre-Rana Plaza oppure sono disposti ad assumersi le loro responsabilità.